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                                                           * IL RISORGIMENTO ITALIANO *
 

   RIS 007.JPG   RE Vittorio Emanuele II

                                RE VITTORIO EMANUELE II

La 1° Guerra d'Indipendenza sebbene fosse stata persa, rappresentò un passo decisivo per la causa italiana. Le forze piemontesi ne uscirono male ma si formò un solco profondo tra l'Austria e la penisola italica. L'invio di truppe regolari e di numerosi volontari da parte dei vari stati italiani  indispettì molto l'Austria. Di fatto l'Austria non fu più la potenza protetrice dello Stato Pontificio ma in quel ruolo era subentrata la Francia. I vari ducati non godevano più di nessun credito, fiducia presso l'Austria. Inoltre il popolo aveva assaporato l'idea dell'indipendenza, l'esperienze significative delle repubbliche con plebisciti vari ed aveva patito persecuzioni e vessazioni varie non solo tributarie. La guerra era stata persa ma nel sentimento comune l'Austria era ormai definitivamente vista come una forza estranea e tiranna della quale bisognava liberarsene prima possibile. Alcontempo era evidente che l'ipotesi di un'Italia federale fosse irrealizzabile e non auspicabile in quanto non avrebbe mai avuto un certo peso nei confronti delle varie potenze europee rimanendone sempre in soggezione. Ammesso che le potenze europee acconsentissero alla costituzione dell'Italia. Il federalismo nell'immaginario voleva essere una vaga riminiscenza di una felice Italia rinascimentale che di fatto non era più riproponibile e lo stesso Cattaneo se ne rese conto. L'italia sarebbe stata una sola e doveva appartenere agl'Italiani ormai pronti a combattere per la loro Patria, per la loro libertà.

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 Cavour.JPG   Camillo Benso Conte di Cavour

 

     

 RIS 009.JPG  Cavour - Art.Francesco Hayez Pinacoteca di Brera  

  Le persecuzioni condotte dagli austriaci e dai borboni divennero ancora più pesanti. L’Austria absburgica era riuscita a rimanere in piedi dopo la crisi che aveva attraversato tutto il suo impero.  A Napoli fu scoperto il gruppo "Unità Italiana" che portò all'ergastolo molti patrioti tra i quali : Carlo Poerio, Silvio Spaventa e Luigi Settembrini. Nel 1851 furono condannati a morte Luigi Dottesio a Venezia, Amatore Sciesa a Milano, Giovanni Grioli a Mantova. Il Comitato Nazionale mazziniano indice in segreto un prestito nazionale per finanziare le "guerre dei popoli" nel 1850. Ma nel 1852 la decifrazione di una lista segreta dei sottoscrittori del prestito nazionale portò alla condanna a morte di molti patrioti come Tito Speri e Tazzoli (Martiri di Belfiore). Il 6 febbraio 1853 un' insurrezione del popolo milanese detta dei "Barabba" fallisce e seguirono molte condanne a morte. In tutta Italia erano perseguitati i patrioti tranne in Piemonte dove vi era una certa tolleranza. Infatti Vittorio Emanuele II mantenne la costituzione (Statuto Albertino) e fu aperto ai rinnovamenti. Seppe controllare dei dissidi interni a seguito della sconfitta in guerra dovendo usare la forza per reprimere una rivolta a Genova (31 marzo 1849). Il 9 agosto fu firmata la pace con l’Austria a Milano. Ormai era chiaro a tutti i patrioti che l’unica possibilità per fare l’Italia era intorno a Vittorio Emanuele II.

Il conte Camillo Benso di Cavour era stato carbonaro e direttore del giornale “Il Risorgimento” fondato il 1846 a Torino grazie ad una certa libertà di stampa concessa da Carlo Alberto. Ricoprì diversi incarichi nei governi in diversi ministeri prima di assumere la presidenza del governo. Il Piemonte diventò un paese moderno ed efficiente e grazie alla diplomazia di Cavour incominciò a far parte del vasto teatro europeo. Infatti come alleato della Francia e Inghilterra, il Piemonte partecipò alla guerra in Crimea (1855). Questo aiutò Cavour nel riuscire a stringere un’alleanza Franco – Piemontese segreta a Plombieres il 21 luglio 1858, con Napoleone III che valeva solo in caso di aggressione dell’Austria contro il regno sabaudo. Prima di Plombieres il 14 gennaio 1858 ci fu l’attentato fallito del repubblicano italiano Felice Orsini che lanciò tre bombe contro la carrozza con Napoleone III e la Regina che poteva compromettere i futuri accordi. Orsini vedeva in Napoleone III il persecutore della Repubblica Romana del 1849 e di quella francese per il colpo di stato del 1852. Condannato a morte Orsini con una lettera dal carcere pregò Napoleone III di appoggiare l’indipendenza italiana. Il trattato di Plombieres prevedeva una vera e propria divisione dell’Italia in tre zone per formare una confederazione. Il settentrione con l’Emilia Romagna al regno sabaudo, al centro Italia un regno comprendente la Toscana e le altre regioni dello Stato Pontificio tranne il Lazio e Roma che rimanevano al Papa e nel meridione non più i borboni ma un’altra egemonia (forse Luciano figlio di Gioacchino Murat). La Francia si impegnava a mandare un corpo di 200000 soldati in caso d’aggressione dell’Austria e avrebbe ottenuto in cambio la Savoia. Inoltre Napoleone III proponeva il Papa come presidente onorario della confederazione mentre la direzione effettiva sarebbe stata di Vittorio Emanuele II. Cavour firmò questo trattato non favorevole in realtà all’Unità d’Italia consapevole che gli avvenimenti avrebbero seguito un corso differente. Cavour stava già pianificando un corso differente infatti a Torino era stata in precedenza fondata la Società Nazionale nell’agosto del 1857 con l’intento di unire e coordinare tutti i patrioti che volevano l’unità d’Italia con Vittorio Emanuele. Il motto fu “ Italia e Vittorio Emanuele “. Presidente Daniele Manin che aveva guidato la Repubblica Veneziana del 49, e vicepresidente Garibaldi mentre Cavour manovrava dietro le quinte . La società si diffuse rapidamente in tutta Italia preparando tra le altre cose, le annessioni al Piemonte da farsi al momento opportuno.

 

  RIS 038.JPG  Re Vittorio Emanuele II a Brescia

  Nel frattempo Mazzini che credeva nell’efficacia delle rivoluzioni popolari, ci provò nel Regno delle due Sicilie. Fu così che nel 1857 un piccolo gruppo guidato da Carlo Pisacane dirottò una nave a Ponza dove liberarono 300 prigionieri e poi sbarcarono a Sapri. Ma la popolazione non si unì a loro anzi collaborò con i soldati borbonici alla loro cattura o uccisione. Si pensa che i borbonici abbiano preventivamente informato la popolazione raccontando che si trattasse solo di evasi, di briganti pericolosi. Il 10 gennaio 1859 Vittorio Emanuele II affermò in parlamento di non essere insensibile al grido di dolore che da tante parti d’Italia si levava verso di loro. Il 30 gennaio il Re firma il trattato d’alleanza tra il Regno di Sardegna e la Francia.

                     LA SECONDA GUERRA D'INDIPENDENZA

Cavour incominciò a prendere delle iniziative che provocassero l’Austria. Ad esempio Garibaldi fu incaricato ad organizzare un gruppo di volontari in Piemonte, con l'arruolamento di giovani lombardi nell’esercito piemontese che sarebbero dovuti invece stare in quello austriaco. Il 23 aprile del 59 l’Austria lanciò un ultimatum al Piemonte : “ sciogliere entro tre giorni tutti i gruppi di volontari “. Dopo il terzo giorno l’Austria attaccò. L’Austria pensava ad un Piemonte solo e di anticipare l’intervento francese. Invece gli italiani si erano organizzati prevedendo le mosse austriache. Fu così che nel vercellese e Lomellina si effetuarono degli allagamenti per ostacolare il generale austriaco Giulay. Parte delle truppe francesi con Napoleone III ebbero il tempo di sbarcare a Genova mentre altre truppe francesi attraversarono il valico di Moncenisio. Il 20 maggio gli austriaci furono sconfitti a Montebello dalla coalizione franco – piemontese, invece i piemontesi vinsero a Palestro il 31 maggio. 

 

  

                                                          RIS 013.JPG  Art. Bossoli - Museo Nazionale del Risorgimento di Torino

Il 4 giugno i franco - piemontesi attraversano il Ticino a Buffalora e battono pesantemente gli austriaci a Magenta. L’8 giugno Vittorio Emanuele II e Napoleone III poterono entrare insieme a Milano. Più a nord Garibaldi col suo gruppo di volontari chiamato “I Cacciatori delle Alpi” varcarono il Ticino a Sesto Calende il 23 maggio e vinsero a Varese, a San Fermo, a Como e puntarono verso il Trentino. Nell’Italia centrale furono rovesciati i governi in carica dalle sollevazioni popolari e quindi chieste le annessioni al Piemonte da parte della Toscana, Modena, Parma, le Romagne, Marche e Umbria. Queste annessioni misero fuori gioco la confederazione prospettata da Napoleone III nel trattato. Il 23 e 24 giugno l’Austria con 300000 soldati diede luogo a sanguinosi scontri perdendo a Solferino e a San Martino. Tutto procedeva bene come previsto dagli italiani ma non dai francesi. Napoleone III spinto da pressioni interne francesi, temendo un intervento della Prussia, e demotivato in Italia, fece l’11 luglio gli accordi di Villafranca firmando l'armistizio con gli austriaci. La Lombardia veniva ceduta alla Francia che la passò al Piemonte e si dovevano ripristinare i legittimi sovrani dell’Italia centrale senza l’intervento austriaco. Gli italiani erano delusi per l’improvvisa sospensione della guerra nel momento più favorevole per liberare tutta l’Italia settentrionale, e per l’esito dell’accordo. Cavour si dimise in segno di protesta. Il trattato del 10 novembre 1859 di Zurigo confermò gli accordi di Villafranca. In Italia centrale rimasero in carica i governi che avevano decretato l’annessione al Regno di Sardegna. La situazione politica internazionale cambiò e Napoleone III potè fare un tacito accordo col Piemonte che prevedeva la cessione di Nizza e Savoia in cambio della sua neutralità alle varie annessioni dell’Italia centrale. Cavour allora tornò al potere e si organizzarono i plebisciti della Toscana, dei ducati di Parma e Modena, di Romagna con Bologna. Nel marzo del 1860 l’esito positivo di tutte le annessioni.

 RIS 023.JPG    Bersaglieri a Magenta 4 giugno 1859 2° G.d'Indipendenza

      RIS 026.JPG  Battaglia di San Martino e Solferino 2° G.d'Indipendenza

  

                               RIS 035.JPG   Battaglia di Palestro

  

             Ris 041.JPG   Art.Induno Battaglia di San Fermo 1860

 

  

                                                      RIS 040.JPG     Il Re Vittorio Emanuele II entra a Parma 6 maggio 1860

 

                                        LA SPEDIZIONE DEI MILLE

Nel 1859 morì Ferdinando II di Borbone e gli succedette il figlio Francesco II che si rivelò ben presto inadatto a fronteggiare la situazione. Il 4 aprile i Borboni soffocarono l’ennesima rivolta a Palermo e in altri centri dell’isola. I siciliani già aspettavano Garibaldi che si stava preparando ad intervenire. Cavour giunse alla conclusione che il Piemonte non poteva esporsi e quindi si doveva appoggiare segretamente l’impresa ed incanalarla verso l’annessione al Piemonte.

Il 6 Maggio 1860 Garibaldi con circa mille volontari salparono da Quarto, vicino Genova, con due piroscafi : il Piemonte e il Lombardo. L’11 maggio, sfuggiti alle navi borboniche, sbarcarono a Marsala e Garibaldi dichiarò di voler prendere la Sicilia in nome di Vittorio Emanuele II. Molti volontari si unirono ai mille e a Calatafini il 15 maggio avvenne il primo duro scontro con le truppe borboniche e la prima grande vittoria. Durante questa difficile battaglia, dato il numero soverchiante delle forze borboniche, si attribuisce a Garibaldi la seguente frase in risposta a Bixio : Quì si fa l'Italia o si muore. In tre giorni tra il 27 ed il 30 maggio Garibaldi conquistò Palermo.

Giuseppe Garibaldi - Vicenza Museo del Risorgimento e della Resistenza

  L.Mercantini poeta e patriota (1821 - 1872) - Inno di Garibaldi  : " Si scopron le tombe, si levano i morti, i martiri nostri son tutti risorti ! Le spade nel pugno, gli allori alle chiome, la fiamma ed il nome d' Italia nel cor ! 

Vagliata la situazione il Piemonte uscì dall’ombra e appoggiò Garibaldi inviandoli rinforzi di volontari utilizzando la propria flotta. Seguì la vittoria a Milazzo il 20 luglio sui borboni che determinò la conquista dell’isola. Il 20 agosto Garibaldi riuscì a sbarcare in Calabria e ad occupare facilmente Reggio. Dopo pochi giorni puntò verso la capitale Napoli arricchendo le proprie file di nuovi volontari . Il consenso popolare non venne mai meno. Francesco II, fallite le trattative col Piemonte, e concessa una costituzione che si rivelò di nessuna presa presso la popolazione, decise di rifugiarsi nella fortezza di Gaeta il 6 settembre. Il 7 settembre Garibaldi entrò a Napoli accolto come un liberatore. I borboni si concentrarono nelle fortezze di Gaeta e Capua , mentre sul Volturno subirono un’altra sconfitta dai garibaldini il 2 settembre. Intanto il Piemonte aveva deciso di intervenire con le sue truppe per cercare di controllare gli eventi che potevano prendere una piega diversa da quella loro voluta, con Mazzini a Napoli. Ma si doveva attraversare lo Stato Pontificio.

 

                                    RIS 017.JPG 

       Partenza da Quarto (Genova) - Spedizione dei Mille

 

 

   RIS 006.JPG  Battaglia di Calatafimi 1860-Art. R.Legat Museo del Risorgimento Milano   

La Francia era subentrata all’Austria nel tutelare lo Stato Pontificio. Pio IX, persa Bologna e l’Emilia, oltre a distribuire scomuniche, aveva dato il compito all’ex generale francese Lamoriciere di formare e coordinare un gruppo di volontari. Cavour segretamente si incontrò con Napoleone III e lo persuase ad accettare l’intervento piemontese che doveva fermare Garibaldi intenzionato da sempre a liberare Roma. Allora Cavour fece un ultimatum a Pio IX stile austriaco, chiedendo di sciogliere subito i corpi di volontari stranieri di Lamoriciere. Pio IX rifiutò a settembre e le truppe piemontesi invasero le Marche e l’Umbria dove rapidamente con un plebiscito furono dichiarate le annessioni al Regno di Sardegna. L’esercito piemontese con in testa Vittorio Emanuele II entrò nel Regno delle due Sicilie e si incontrò a Teano il 26 ottobre con Garibaldi che lo salutò come Re d’Italia. Il 7 novembre il Re con Garibaldi entrarono trionfalmente a Napoli. Il 9 novembre Garibaldi, deluso di non poter liberare Roma, andò a riposarsi a Caprera. Il 13 febbraio 1861 la fortezza di Gaeta si arrese all’assedio piemontese e Francesco II con la moglie si rifugiarono a Roma. Con i plebisciti di Napoli e Palermo avvenne l’annessione del Regno delle due Sicilie.

    

 RIS 020.JPG  Art.Franz Wenzel - 1860 ingresso a Napoli di Garibaldi - Museo Civico di Castel Nuovo Napoli

 

                                 RIs3.JPG   Assedio di Gaeta

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